Kane

K “Vedi J, io so che mia madre è più santa che puttana. Come potrei offendermi se chiunque sostenesse il
contrario?”
J “Capisco, ma penso stessero ridendo di me”
K “Cosa sanno su di te che tu non sai?”
J “Nulla”
K “Infatti”
J “Grazie K”
Kane è molto ricco, infatti canta spesso quando è in bici. K però non canta bene.
Canta anche sotto la doccia, ma quello non è segno di ricchezza ma di leggerezza, K non è leggero, sa
esserlo, ma non lo è. In bici gli capita anche di fischiare e anche quello è segno di ricchezza. K fischia meglio
di quanto canti e fa innamorare la gente, non di sé ma tra loro. E’ molto bravo a farlo. Non sono sicuro che
sia ricco per questo, ma so che essere molto bravi a farlo dovrebbe rendere ricchi. K non ha un’agenzia di
incontri e non ha fondato una startup con il medesimo scopo, K suona. Quando K suona finisce sempre che
qualcuno si innamora, magari male e quindi poi soffre, a volte bene e finisce che i due ballano insieme al
loro quarantesimo nudi. Suona e la gente finge di divertirsi ma sta solo cercando di innamorarsi, lui lo sa e
prova a fare il suo lavoro.
K è una quelle persone con cui non vorresti fare a botte. A vederlo K è bello, ma non è che non ci vorresti
fare a botte perché è bello. Non ci faresti a botte perché è buono. E non è che non ci faresti a botte perché
è buono. Non ci faresti a botte perché hai paura, perché la cattiveria dei buoni è nera.
Tra l’altro K è grosso, è così grosso che se fosse un animale sarebbe un orso, invece è kane.

Abbastanza
K ha molti amici e vive in un mondo abbastanza giusto. Giusto perché gli sta dando la possibilità di vivere
usando il suo talento. Abbastanza perché quella possibilità non l’ha data a tutti. K convive abbastanza bene
con questo abbastanza. Tra i suo vari amici ce n’è uno un pò scemo: J. Questo perché J ha un talento che
non esercita, o che non esercita abbastanza da equilibrare il mondo e smussare il primo abbastanza. Sono
amici da sempre e non litigano praticamente mai. Non è facile litigare con K. Se ha ragione te lo spiega e tu
capisci. Se non ce l’ha se ne accorge e ti offre una birra. A volte te la offre anche se ha ragione.
K suona nei locali, J lo fa suonare nei locali, J ha un’agenzia, più che altro è una grossa azienda che
comprende anche un’agenzia. J l’ha fondata qualche anno prima con un po’ di soldi che ha trovato e con
un’idea. Una di quelle che magari il mondo non lo cambiano ma il quartiere si, poi magari la città e quella
vicina e così via. Quell’’idea ora non è importante.

Abbastanza confini
Sono amici da anni, hanno condiviso solo una ragazza, una volta e solo per sbaglio. Lo sbaglio è del tutto
imputabile a lei che aveva insistito, li voleva tutti e due e li ha persi entrambi. E’ una storia che non
raccontano spesso. K stava suonando su un’isola, una di quelle che se ti ritrovi in spiaggia con la luna piena,
ci puoi scorgere la presenza di Dio. Non era ancora tramonto, c’era già molta gente ma nessuno ballava.
Però tutti brindavano. Anche K brindava. Non è vero, stava sorseggiando dietro la console, che si porta
dietro solo per le occasioni importanti e che più che una console è una regia. La cosa più assurda della regia di K è che tutti quei tasti e manopole e input e output servono davvero a qualcosa. K conosce lo scopo di
tutti quei circuiti. Per questo è un professionista, ma non per questo è bravo. Altro è a renderlo tale. Non
brinda, ma ha un bicchiere, mezzo pieno. La parte mezza vuota è piena di ghiaccio che conta comunque,
quindi il bicchiere è pieno. La filosofia di K è nitida, il bicchiere è pieno.
Ha portato la regia perché è un’occasione importante. Non per la serata in sé, che fa parte di un evento più
grande, ma perché è la serata conclusiva del primo evento procurato da J. K voleva fare bene, ha fatto bene
e vuole festeggiare quindi sorseggia. Non c’è molta differenza per lui se la serata è stata commissionata da
Bill Gates o dal vicino di casa; essendo però commissionata da J,K ha una spinta in più, che non è l’impegno
o il fare bella figura con l’amico, la spinta è dettata dal divertimento, che per lui e per Italo* è una cosa
seria.
K suona e sorseggia e vede l’amico parlare con una ragazza. E’ bionda, ha occhi nocciola e sopraccigli folte e
scure, un viso con dei contrasti. Ha un vestito corto, azzurro, potrebbe essere seta, ma magari è di Zara,
comunque non porta il reggiseno. K il seno sotto la scollatura lo conosce. Quella mattina, lui correva e lei
passeggiava. Erano entrambi su quel confine dove mare e sabbia si raccontano storie, vestita solo degli slip,
di cui non ricorda il colore. Ricorda che con i piedi tracciava segni, ricorda il seno e delle lentiggini vicino al
naso leggermente aquilino.
Oltre alla particolare bellezza di lei K sta guardando J, cercando un contatto. L’amico sembra rapito ma non
abbastanza da non notare il cenno di K. J capisce e porta la ragazza dove finisce la calca di gente e inizia la
pista in una serata non ancora iniziata.
K è bravo perché guarda la gente, ne capisce una buona parte e lavora su quello. Ha già visto abbastanza
della ragazza da capire che lei vuole ballare. Il genere importa poco, quello che importa è l’equilibrio tra
bassi e alti e per lui quell’equilibrio è un talento che non ha nessuna intenzione di sprecare, K conosce il
gioco dei beats. Alza una leva e nella ragazza si accende qualcosa. J non balla male, balla come ballerebbe
un cedro nel momento prima dell’ultimo colpo di accetta, prima dell’abbattimento.Non si capiscee infatti nessuno abbatterebbe un cedro. Così J balla e nessuno sa quale sarà la sua prossima mossa. Lei invece balla
come ballano tutte le belle ragazze senza reggiseno, bene.
La gente è avida, specialmente gli uomini e infatti la pista si riempie subito. Rimangono solo quelli che
preferiscono gli scampi appena portati al buffet.
La serata inizia con lei che balla, altri anche, e con che J si muove. Come tutti gli inizi, specialmente gli inizi
di serata, mentre si scatenano forze a cui diamo nomi approssimativi, ne inizia anche la fine. Ormai K ha
esperienza e sa che lo svolgersi è più importante del prima e del dopo come dei confini importa più che
altro quello che ci passa in mezzo. Il difficile dei confini è accorgersi che esistono anche prima di averli
attraversati. Così la serata verte alla fine e K può finalmente smarmellare. Su 300 persone almeno 3 si sono
innamorate, forse 5, non ne è consapevole e ha bevuto troppo per pensarci al momento. Di Charlotte sa
tutto quello che sapeva prima, più il fatto che è Siciliana e che le piace la musica alternativa, qualunque
cosa significhi. Lo sa, perché la ragazza ora che la pista è mezza vuota balla più di prima alle note dei Pixies
e a K ora inizia a piacere, abbastanza da piacergli un po’ troppo. Non troppo da mandare tutto a puttane
per lei ma abbastanza da andarsi a sedere di fronte a lei e J che sono stati vicini in quelle ore, non
abbastanza vicini da essere spariti insieme, ma abbastanza vicini da cuocere l’amico.

Abbastanza confini e 7 passi
Sulle mappe distinguere i confini è facile, per strada puoi notare i cartelli o imbatterti in una dogana o
peggio in un muro, in un bosco non c’è modo di capire se sei in Piemonte o in Liguria, se prendi un volo
intercontinentale lo sai e basta, nella vita invece è difficile.
J e Charlotte sono su una sdraio, K vorrebbe sedersi ma non sa dove.

Volendo si potrebbe tracciare una retta che parte da dove il culo di Charlotte si appoggia alla sdraio e
attraversando il centro esatto della terra sbucherebbe dalla parte opposta del mondo, oceano Pacifico, la
terra abitata più vicina a quel punto sarebbe l’isola di Hoau, Hawaii. I confini nelle isole sono più facili. K
vorrebbe sedersi in un qualche punto di quella retta, magari vicino a Charlotte. Se ora fossero su quell’isola
americana e non li dove sono, non cambierebbe assolutamente nulla. Forse non sono così importanti tutti
quei confini. K inizia a pensare di sedersi su una retta parallela a quella, ma sa che facendolo non
incontrerebbe mai quella su cui sono seduti loro. Sceglie di sedersi a sinistra di Charlotte che rimane in
mezzo ai due. Charlotte si volta verso J lo bacia in bocca, qualche secondo poi si alza, e nel farlo prende la
mano di K, la stringe e lo solleva come se K non pesasse 90kg ma 9 e volge il suo passo verso il boschetto
che dove finisce inizia la spiaggia. K non guarda J perché sta guardando stupito i suoi piedi seguire il passo
di lei. Come in una rivelazione si vede immerso nell’acqua tiepida di una notte che ha assorbito tutto il
caldo del giorno, immerso con lei che si è spogliata passo dopo passo tra il bosco e il mare. Verso il quinto
passo K inizia a canticchiare “Where is my mind” Lei si volta e sta davvero appoggiando la sua canottiera ad
un ramo, lo guarda e sorridendo:
“Suoni meglio di quanto canti”.
Al sesto passo K si accorge di un confine a metà spiaggia che di giorno non c’è, in quel momento Charlotte
si è fermata e gli sta sbottonando la camicia. K non è sicuro che sia una buona idea attraversare quel
confine ma ha molta voglia di farlo. Per decidere usa quello che ha: l’immagine che gli si è apparsa poco
prima e a cui tutto sembra tendere e la leggera brezza che, privato della camicia lo investe. Al settimo
passo, l’ultimo prima di gettarsi in mare lo aiuta la rivelazione di come il cielo offra il suo mistero a migliaia
di anni luce da li, mentre il mare lo sveli subito sotto la superficie, da cui esce ansimando nonostante
l’apnea brevissima.
Sbuca anche lei, sirenetta abbastanza moderna da ballare tutta la musica del mondo ma abbastanza
sofisticata da preferire i Pixies e lo bacia, come aveva fatto con J poco prima. K si lascia baciare e voltandosi
per tornare dall’amico gli viene in mente quale fosse l’idea alla base dell’azienda di J. Prima di pensarci
seriamente guarda le scarpe scomposte sul confine che prima non c’era e che ora non c’è più. Ormai al
bosco recupera la camicia solo per asciugarsi male. Arrivato alle sdraio vede J gomiti alle ginocchia, mani
sulla testa. K ora ci pensa seriamente e vorrebbe una birra perché: è difficile non fondare mai un proprio
piacere sul dispiacere altrui, ma è bello.
Non so come sia messo K a fede, ma so che è fedele ed essendo Kane ora scodinzolerebbe; non avendo
coda strappa la birra dalla mano di J che aprendone un’altra chiede serio:

“Lo sapevi che Kane in Hawaiano significa Uomo?”

Published by sunoversea39@gmail.com

Sono laureato in Marketing e management del territorio, ho fatto di tutto, ora devo scrivere e fotografare per vivere.

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